Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/53

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— Avete dunque molta fretta? chiese l’ispettore di polizia.

— Io, no; bensì il mio padrone. A proposito, devo comperare delle calze e delle camicie! Siamo partiti senza valigia, soltanto con un sacco da viaggio.

— Vi condurrò io da un bazar dove troverete tutto quel che v’occorre.

— Signore, rispose Gambalesta, siete davvero di una compiacenza!....»

Ed amendue si posero in cammino. Gambalesta discorreva sempre.

«Purchè, diss’egli, io non manchi alla partenza del battello!

— Avete tempo, rispose Fix, è appena mezzogiorno!

Gambalesta estrasse il suo grosso orologio.

«Mezzogiorno, diss’egli. Evvia! sono le nove e cinquantadue minuti!

— Il vostro orologio ritarda, rispose Fix.

— Il mio orologio! Un orologio di famiglia che appartenne al mio bisnonno. Esso non varia di cinque minuti all’anno. È un vero cronometro!

— Vedo come sta la cosa, rispose Fix. Voi avete mantenuta i ora di Londra, che ritarda di circa due ore rispetto a Suez. Bisogna aver cura di regolare il vostro orologio al mezzodì di ogni singolo paese.

— Io! toccare il mio orologio? esclamò Gambalesta, mai!

— Ebbene, esso non sarà più d’accordo col sole.

— Tanto peggio pel sole, signore! Sarà lui che avrà torto!»

E il bravo giovane ripose l’orologio nel suo taschino con un gesto solenne.

Pochi minuti dopo Fix gli diceva: