Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/73

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non domandava nulla. Egli non viaggiava, descriveva soltanto una circonferenza; era un corpo grave, che percorreva un’orbita intorno al globo terrestre, secondo le leggi della meccanica razionale. In quel momento egli rifaceva mentalmente il calcolo delle ore spese dalla sua partenza da Londra, e si sarebbe fregato le mani dalla soddisfazione, se fosse stato nella sua indole il fare un movimento inutile.

Sir Francis Cromarty non aveva indugiato a riconoscere l’originalità del suo compagno di viaggio, sebbene non lo avesse studiato che colle carte in mano e tra due robbres. Esitava invece sopra una questione: batteva un cuore umano sotto quel freddo involucro? Phileas Fogg aveva egli un’anima sensibile alle bellezze della natura, alle aspirazioni morali? Per lui, la cosa era dubbia. Di tutti gli originali che il brigadiere generale aveva incontrati nella sua vita, nessuno era paragonabile a cotesto prodotto delle scienze esatte.

Phileas Fogg non aveva celato a sir Francis il suo piano di viaggio intorno al mondo, nè in quali condizioni egli lo effettuava. Il brigadiere generale non vide in quella scommessa che un’eccentricità senza scopo utile, ed alla quale mancherebbe necessariamente il transire benefaciendo che deve guidare ogni uomo ragionevole. Con quella flemma il bizzarro gentleman avrebbe evidentemente consumato la vita senza «far nulla,» nè per sè, nè per gli altri.

Un’ora dopo aver lasciato Bombay, il treno, valicando i viadotti, aveva attraversato l’isola Salcette e correva sul continente. Alla stazione di Callyan, lasciò