Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/91

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— È quello del principe, suo marito, rispose la guida, un rajà indipendente del Bundelkund.

— Come, ripigliò Phileas Fogg, senza che la sua voce tradisse la menoma emozione, siffatti barbari costumi sussistono ancora nell’India, e gl’Inglesi non hanno potuto distruggerli?

— Nella maggior parte dell’India, rispose sir Francis Cromarty, cotesti sacrifici non si compiono più. Ma noi non abbiamo alcuna influenza su queste contrade selvaggie, e principalmente su questo territorio del Bundelkund. Tutto il versante settentrionale dei Vindhias è il teatro di continue uccisioni e saccheggi.

— Oh, la infelice donna! mormorava Gambalesta, abbruciata viva!

— Sì, ripigliò il brigadiere-generale, abbruciata, e se non lo fosse, voi non potete immaginarvi a qual miserabile condizione la si vedrebbe ridotta dai suoi congiunti. Le raderebbero i capelli, la si nutrirebbe appena con qualche manata di riso, sarebbe respinta e considerata come una creatura immonda, e morrebbe in un canto come un cane scabbioso.

La prospettiva di sì orribile esistenza spinge di sovente quelle disgraziate al supplizio, molto più che l’amore o il fanatismo religioso. Alcune volte, però, il sacrificio è realmente volontario, e ci vuole l’intervento energico del governo per impedirlo. Mi ricordo che alcuni anni fa io era di guarnigione a Bombay, quando una giovane vedova si recò a chiedere al governatore il permesso di abbruciarsi col corpo di suo marito. Come potete immaginare, il governatore rifiutò. Allora la vedova abbandonò la città, si rifugiò presso un rajà indipendente, e colà ella consumò il suo sacrificio.»