Pagina:Verne - Il giro del mondo in ottanta giorni, Milano, Treves, 1873.djvu/95

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stessa notte, e non quando, a giorno fatto, la vittima sarebbe tratta al supplizio. In quest’ultimo momento nessun intervento umano avrebbe potuto salvarla.

Il signor Fogg e i suoi compagni aspettarono la notte. Appena buio, verso le ore sei, essi risolvettero di operare una ricognizione intorno alla pagoda. Gli ultimi gridi dei fakiri si spegnevano allora. Secondo la loro abitudine, quegl’Indiani dovevano essere immersi nella fradicia ubriachezza del hang, oppio liquido misto d’una infusione di canape, e sarebbe forse possibile d’introdursi in mezzo ad essi sino al tempio.

Il Parsì, guidando il signor Fogg, sir Francis Cromarty e Gambalesta, si avanzò senza rumore attraverso la foresta. Dopo dieci minuti di cammino sotto la verzura, giunsero alla sponda di un fiumicello, e lì, alla luce di torcie di ferro sulla cui punta ardevano delle resine, essi scorsero un mucchio di legna affastellata. Era il rogo, fatto di prezioso sandalo, e già impregnato di un olio profumato. Nella sua parte superiore giaceva imbalsamato il corpo del rajà, che doveva essere abbruciato insieme colla vedova. A cento passi dal rogo si ergeva la pagoda, i cui minareti traforavano nell’ombra la cima degli alberi.

— Venite, disse la guida a bassa voce.

E raddoppiando di precauzione, seguito da’ suoi compagni, s’internò silenziosamente attraverso le alte erbe.

Il silenzio era interrotto soltanto dal susurro del vento nei rami.

Da lì a poco, la guida si arrestò all’estremità di uno spiazzo. Alcune resine rischiaravano il luogo. Il suolo era cosparso di gruppi di dormienti abbrutiti dall’ubbriachezza. Pareva un campo di battaglia co