Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo I, Milano, Guigoni, 1890.pdf/201

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al sommo dell’altipiano risalendo il corridojo, fu deciso di rimettere al domani i lavori relativi all’accomodamento della nuova abitazione.

Prima di partire, Cyrus Smith venne a curvarsi ancora una volta sopra il pozzo tenebroso che si sprofondava perpendicolarmente fino al livello del mare. Egli ascolto attentamente. Non s’udì alcun rumore, nemmeno quello delle acque che le ondulazioni dell’ondata dovevano talvolta agitare in quelle profondità. Fu ancora gettato un ramo acceso.

Le pareti del pozzo s’illuminarono un istante, ma non si vide nulla più della prima volta. Se pure qualche mostro marino era stato improvvisamente sorpreso dal ritirarsi delle acque, aveva ora riguadagnato il largo del condotto sotterraneo che si prolungava sotto il greto.

Frattanto l’ingegnere, immobile, coll’orecchio attento e lo sguardo sprofondato nell’abisso, non diceva parola. Il marinajo gli si accostò, e toccandogli il braccio:

— Signor Smith! disse.

— Che volete, amico mio? rispose l’ingegnere come se uscisse da un sogno.

— Le torcie stanno per ispegnersi.

— In cammino, rispose Cyrus Smith.

Il piccolo drappello lasciò la caverna e cominciò la sua ascensione attraverso il bujo condotto. Top veniva dietro facendo ancora intendere bizzarri brontolii. L’ascensione fu faticosa. I coloni s’arrestarono alcuni istanti alla grotta superiore, che formava come una specie di pianerottolo a mezzo quella lunga scalinata di granito, poi ricominciarono a salire. Presto si respirò un’aria più fresca. Le goccioline disseccate dall’evaporazione non scintillavano più sulle pareti. Impallidiva la luce fuligginosa delle torcie, anzi la torcia che portava Nab si spense. Per non arrischiarsi nella profonda oscurità bisognava affrettare. Così fu