Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/112

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Ci volle tutta la giornata per giungere al promontorio, perchè il battello, lasciando il porto, non trovo più che due ore di riflusso ed ebbe invece sei ore di flusso, a cui fu difficilissimo resistere.

Era dunque venuta la notte quando il promontorio fu doppiato.

Pencroff propose allora all’ingegnere di continuare il viaggio a piccola velocità, con due terzaruoli nella vela; ma Cyrus Smith preferì ancorarsi a poche miglia da terra, per poter rivedere quella parte della costa durante il giorno. Fu anche convenuto che, poichè si trattava d’una esplorazione minuziosa del litorale dell’isola, non si navigasse di notte e che, venuta la sera, si gettasse l’áncora vicino a terra finchè il tempo lo permettesse.

Fu spesa la notte nell’ancorarsi sotto il promontorio, ed essendo cessato il vento colla bruma, la quiete non fu più turbata. I passeggieri, tranne il marinajo, dormirono forse un po’ meno bene a bordo del Bonaventura, di quello che avessero fatto nelle loro camere del Palazzo di Granito, ma ad ogni modo dormirono.

Il domani, 17 aprile, Pencroff spiegò le vele all’alba, e colle mure a babordo potè rasentare da vicino la costa occidentale.

I coloni conoscevano questa magnifica costa boschiva, avendone già percorso a piedi il lembo, pure essa eccitò di nuovo tutta la loro ammirazione. Costeggiavano la terra, quanto più vicino era possibile, moderando la velocità in guisa da poter osservare ogni cosa, badando solo a non urtare in alcuni tronchi d’alberi che galleggiavano qua e là. Più volte anzi gettarono l’ancora, e Gedeone Spilett prese delle vedute fotografiche di quel superbo litorale.

Verso il mezzodì il Bonaventura era arrivato alla foce del fiume della Cascata. Al di là, sulla riva destra, riapparivano gli alberi, ma più rari, e tre