Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/165

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aveva ucciso un uomo e feritine due, era esso scampato alle loro palle? Aveva esso potuto tornare a costa a nuoto? D’onde veniva? E che cosa era andato a fare a bordo? Aveva veramente avuto il disegno di far saltare in aria il brik, come immaginava Bob Harvey? Tutto ciò doveva essere molto confuso nello spirito dei pirati; ma d’una cosa non potevano più dubitare, ed è che l’isola incognita dinanzi alla quale lo Speedy aveva gettato l’ancora era abitata e che vi era là forse una colonia disposta a difendersi.

Pure nessuno si mostrava nè sul greto, nè sulle alture. Il litorale sembrava assolutamente deserto; in ogni caso, non vi era proprio traccia alcuna di abitazione.

Gli abitanti erano forse fuggiti verso l’interno?

Ecco ciò che doveva domandarsi il capitano dei pirati, il quale senza dubbio, da uomo prudente, cercava di riconoscere i luoghi prima di cimentarsi insieme col suo drappello.

Per un’ora e mezza non si potè vedere a bordo del brik nessun indizio d’attacco. Era chiaro che Bob Harvey esitava. I suoi migliori cannocchiali non gli avevano permesso di vedere uno solo dei coloni rannicchiato nella rupe. Non era nemmeno probabile che la sua attenzione fosse stata svegliata da quella cortina verde di rami e di liane che nascondeva le finestre del Palazzo di Granito e spiccava dalla muraglia nuda.

In fatti, come immaginare che fosse stata scavata un’abitazione a quell’altezza, nel granito? Dal capo Mandibola al capo Artiglio, su tutto il perimetro della baja dell’Unione, nulla aveva dato a conoscere che l’isola fosse occupata.

Alle otto, nondimeno, i coloni osservarono un certo movimento a bordo dello Speedy. Si metteva in mare un canotto. Sette uomini discesero armati tutti di fucili. Uno d’essi si pose al timone, quattro presero