Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/205

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li precedeva ora correndo sulla via, ora facendo qualche punta sotto i boschi, ma sempre mutolo e non parendo presentir nulla d’insolito. E si poteva far assegnamento che il fedel cane non si lascerebbe sorprendere e che abbajerebbe alla minima apparenza di pericolo.

Lungo la strada, Cyrus Smith ed i suoi compagni seguivano il filo telegrafico che congiungeva il Palazzo di Granito al ricinto. Dopo aver camminato per circa due ore, non avevano notato ancora nessuna soluzione di continuità. I pali erano in buono stato, gl’isolatori intatti, il filo regolarmente teso; pure da quel punto in là l’ingegnere osservò che la tensione sembrava meno completa, ed alla fine, giunti al palo n. 174, Harbert, che giungeva primo, s’arrestò gridando: “Il filo è rotto!”

I due compagni affrettarono il passo e giunsero là dove il giovine si era fermato.

Quivi il palo rovinato giaceva lungo la via. Era dunque accertata la soluzione di continuità e divenuto palese che i dispacci del Palazzo di Granito non avevano potuto giungere al ricinto, nè quelli del ricinto al Palazzo di Granito.

— Non è già il vento che abbia rovinato questo palo, fece osservare Pencroff.

— No, rispose Gedeone Spilett, fu scavata la terra al piede e fu strappato da mano d’uomo.

— E poi il filo è rotto, osservò Harbert mostrando le due estremità del ferro che era stato spezzato con violenza.

— La rottura è fresca?

— Sì, disse Harbert, è certo da poco che fu fatta.

— Al ricinto, al ricinto! esclamò il marinajo.

I coloni si trovavano a metà strada dal Palazzo di Granito e dal ricinto. Rimanevano adunque ancora due miglia e mezzo da percorrere; presero il passo di corsa.