Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/210

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Poco dopo il povero Harbert riposava sul letto di Ayrton.

Cyrus Smith gli venne al fianco.

Vedendo Harbert inanimato, il dolore del marinajo fu terribile. Egli singhiozzava, piangeva, voleva sfracellarsi la testa contro la muraglia. Nè l’ingegnere nè il reporter poterono calmarlo, che la commozione soffocava essi pure in modo che non potevano parlare.

Pur fecero quanto dipendeva da loro per contendere alla morte il giovinetto agonizzante sotto i loro occhi. Gedeone Spilett, dopo tanti incidenti di cui era stata sparsa la sua vita, non mancava d’una certa pratica di medicina; sapeva un po’ di tutto, e in molte occasioni aveva dovuto curare delle ferite prodotte da arme bianca o d’arme da fuoco. Ajutato da Cyrus Smith, procedette dunque alle cure che richiedeva lo stato di Harbert.

Sulle prime il reporter fu spaventato dallo stupore che accasciava il ferito; stupore dovuto o all’emorragia o alla commozione, se la palla aveva urtato un osso con tanta forza da produrre una scossa violenta.

Harbert era pallidissimo e il suo polso così debole, che Spilett non lo sentì battere se non a lunghi intervalli, quasi volesse arrestarsi. In pari tempo vi era interruzione quasi completa dei sensi e dell’intelletto. Sintomi gravi.

Il petto di Harbert fu messo a nudo e, stagnato il sangue con fazzoletti, fu lavata la ferita con acqua fredda.

Apparve allora la contusione, o meglio la piaga, che poteva essere mortale sul petto, tra la terza e la quarta costola. Gli è là che la palla aveva colpito Harbert.

Cyrus Smith e Gedeone Spilett voltarono allora il povero giovinetto, che mandò un gemito così debole da far credere che fosse il suo ultimo sospiro. Un’al-