Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/249

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l’altra, fecero la guardia a vicenda vicino all’attendamento. Del resto, la notte durò poche ore. L’oscurità era dovuta meglio alla foltezza dei rami che alla scomparsa del sole.

Il silenzio fu turbato appena da urli rauchi di jaguari e da sghignazzamenti di scimmie, che sembravano irritare in ispecie mastro Jup.

Passò la notte senza incidenti, ed il domani, 16 febbrajo, furono riprese le mosse, più lente che faticose.

In quel giorno non si poterono percorrere che sei miglia, perchè ad ogni istante bisognava aprirsi la via coll’accetta.

I coloni rispettavano i grandi begli alberi, il cui atterramento, del resto, avrebbe loro costato enormi fatiche, e sagrificavano i piccini; ma ne risultò che la via pigliava una direzione poco rettilinea, allungandosi con infinite giravolte.

In quel giorno Harbert scoprì nuove essenze non prima vedute nell’isola, come a dire felci arboree con palme ricadenti, che sembravano spandersi come le acque d’una vasca; carrubbi, di cui gli onaggas mangiarono avidamente i lunghi baccelli, e che fornirono polpe zuccherine d’un gusto eccellente. Colà i coloni trovarono pure magnifici kauris disposti a gruppi ed i cui fusti cilindrici coronati da un cono di verdura si elevavano fino a dugento piedi. Erano ben quelli gli alberi-re della Nuova-Zelanda, celebri al pari dei cedri del Libano.

Quanto alla fauna non offriva altri campioni di cui i cacciatori non avessero già notizia. Pure intravidero, ma senza potersi accostare a tiro, una copia di quei grandi uccelli che sono proprî dell’Australia, specie di casoari alti cinque piedi, bruni di penne, appartenenti all’ordine dei trampolieri e chiamati èmeus. Top corse loro dietro con tutta la velocità delle sue quattro zampe, ma i casoari se lo lasciarono indietro