Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/26

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occhi si svolgeva uno strato di neve biancheggiante appena nella notte buja. I coloni non videro nulla, ma intesero singolari latrati nell’ombra. Il greto evidentemente era stato invaso da un certo numero d’animali che non si poteva discernere.

— Che cosa c’è? domandò Pencroff.

— Lupi, jaguari o scimmie, rispose Nab.

— Diamine! possono salire sull’altipiano! disse il reporter.

— E il nostro cortile? e le nostre piantagioni?

— E da dove sono passati?

— Avranno, rispose l’ingegnere, passato il ponticello del greto che uno di noi avrà dimenticato di chiudere.

— Infatti, mi ricordo d’averlo lasciato aperto, disse il reporter.

— L’avete fatta bella! osservò il marinajo.

— Quello che è fatto è fatto, disse Cyrus Smith, pensiamo ora a rimediarvi.

Tali furono le parole che vennero scambiate tra Cyrus Smith ed i suoi compagni. Certo il ponticello era stato valicato, il greto era invaso dagli animali, e questi, di qualunque natura fossero, potevano, risalendo la riva destra della Grazia, giungere all’altipiano di Lunga Vista. Bisognava dunque vincerli nella velocità e combatterli al bisogno.

— Ma che animali son essi? fu domandato una seconda volta al momento che i latrati echeggiarono più forte.

Quei latrati fecero sussultare Harbert, il quale si ricordo di averli già uditi nella sua prima visita al rivo Rosso.

— Sono volpi, diss’egli.

— Avanti! esclamò il marinajo; e tutti armandosi di accette, di carabine e di rivoltelle, entrarono nella cestella e posero piede sul greto.

Sono davvero pericolosi animali codeste volpi, quando