Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/268

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provavano in rivederlo quasi sano e salvo, dopo centoventiquattro giorni di separazione.

Ayrton allora narrò in poche parole l’accaduto, od almeno tutto quanto sapeva.

Il domani del suo arrivo al ricinto, il 10 novembre passato, al cader della notte, egli era stato sorpreso dai deportati che avevano dato la scalata alla cinta.

Costoro lo legarono e lo imbavagliarono, poi lo trassero in una caverna oscura a’ piedi del monte Franklin, là dove i deportati si erano rifugiati.

La sua morte era stata deliberata, ed il domani egli stava per essere ucciso, quando uno dei deportati lo riconobbe e lo chiamò col nome che portava in Australia. Quei miserabili volevano trucidare Ayrton, rispettarono Ben Joyce!

Ma, da quel momento, Ayrton fu fatto segno alle ossessioni dei suoi antichi complici, i quali volevano ricondurlo ad essi e contavano sopra di lui per impadronirsi del Palazzo di Granito, per penetrare in quell’inaccessibile dimora e divenire i padroni dell’isola dopo averne assassinato i coloni.

Ayrton resistette. L’antico pirata, pentito e perdonato, sarebbe morto meglio che tradire i compagni.

Ayrton, legato, imbavagliato, tenuto d’occhio, visse in quella caverna per quasi quattro mesi.

Frattanto i deportati avevano scoperto il ricinto, poco tempo dopo il loro arrivo nell’isola, e d’allora in poi avevano vissuto colle provviste colà trovate, ma senza abitarlo.

L’11 novembre, due dei banditi, sorpresi dall’arrivo dei coloni, fecero fuoco su Harbert, e uno di essi tornò, vantandosi di aver ucciso uno degli abitanti dell’isola, ma tornò solo. L’altro, come è noto, era caduto sotto il pugnale di Cyrus Smith.

S’immagini la disperazione ed il dolore di Ayrton quando udì la notizia della morte di uno de’ suoi amici.