Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/283

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cune tartarughe, che furono prese, una nuova pesca di quegli eccellenti salmoni, che vennero ancora a cacciarsi nelle acque della Grazia, i legumi dell’altipiano di Lunga Vista, le frutta della foresta, erano ricchezze sopra ricchezze, e Nab, che faceva da cuoco in capo, bastava appena ad attendervi, a cucinarli e conservarli.

S’intende che il filo telegrafico era stato ristabilito fra il Palazzo di Granito ed il ricinto, e funzionava quando l’uno o l’altro dei coloni, trovandosi al ricinto, giudicava opportuno passarvi la notte.

D’altra parte, l’isola era sicura e non si poteva temere alcuna aggressione: almeno da parte degli uomini. Pure il fatto accaduto poteva ancora rinnovarsi. Uno sbarco di pirati, o anche di deportati evasi, era sempre possibile. Nulla di più probabile che i compagni di Bob Harvey, ancora prigionieri a Norfolk, messi a parte dei suoi disegni fossero tentati d’imitarlo. Perciò i coloni non cessavano di osservare gli approdi dell’isola, e ogni giorno il loro cannocchiale interrogava il vasto orizzonte che chiudeva la baja dell’Unione e la baja Washington. Quando essi andavano al ricinto, esaminavano colla stessa attenzione la parte ovest del mare, ed elevandosi sul contrafforte, i loro sguardi potevano percorrere un largo settore dell’orizzonte occidentale.

Non appariva nulla di sospetto, ma pur bisognava sempre stare sull’avvisato.

E l’ingegnere fece una sera noto agli amici il disegno da lui concepito di fortificare il ricinto. Parevagli cosa prudente rialzare la palizzata e fiancheggiarla di una specie di fortino, da cui i coloni potessero all’occasione far fronte ai nemici. Essendo il Palazzo di Granito fatto inespugnabile dalla posizione mede sima, il ricinto colle sue provviste, cogli animali che conteneva, doveva sempre esser fatto segno agli assalti dei pirati, qualunque essi fossero, che avessero