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L'ABBANDONATO

d’onde doveva essere facile sorvegliare il greggie di mufloni che contava allora circa 80 capi.

Alcuni mobili, lettuccio, panca, tavola, forziere, furono fabbricati e trasportati al ricinto, come pure armi, munizioni ed utensili.

Del resto, l’incognito non era stato a vedere la sua nuova casa, aveva lasciato che i coloni vi lavorassero senza di lui, intanto che egli si occupava sull’altipiano volendo senza dubbio dar l’ultima mano alla propria bisogna.

Infatti, in grazia sua, tutte le terre erano dissodate e pronte a ricevere le sementi non appena fosse giunto il momento.

Era il 20 dicembre che gli adattamenti erano stati fatti al ricinto; l’ingegnere annunziò all’incognito che la sua abitazione era pronta a riceverlo, e costui rispose che v’andrebbe a coricarsi la sera medesima.

In quella sera i coloni erano raccolti nel Palazzo di Granito.

Erano le otto, ora in cui il loro compagno doveva lasciarli. Non volendo dargli noja, imponendogli colla loro presenza addii, che lo avrebbero forse infastidito, lo avevano lasciato solo, ed erano saliti al Palazzo di Granito.

Cianciavano essi nella gran sala da alcuni istanti, quando fu battuto all’uscio un colpo leggiero; quasi subito l’incognito entrò, e senza alcun altro preambolo disse:

— Signori, innanzi che vi lasci, è necessario che vi narri la mia storia; eccola.

Queste parole impressionarono vivamente Cyrus Smith ed i compagni. L’ingegnere si era levato.

— Non vi domandiamo nulla, diss’egli, siete in diritto di tacervi.

— È mio dovere di parlare.

— Sedete dunque.

— Resterò in piedi.