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12 un capriccio del dottor ox.


— Dopo tutto credo che abbiate ragione, van Tricasse.

— Lo credo anch’io, Niklausse. Piglieremo una risoluzione riguardo al commissario civile quando saremo più illuminati sulla cosa: più tardi... non manca già un mese.

— E nemmeno un anno, rispose Niklausse spiegando il suo fazzoletto da naso di cui si servì del resto con molta discrezione.

Nuovo silenzio che durò una buona ora.

Nulla turbò questa nuova sosta della conversazione; nemmeno la comparsa del cane di casa, l’onesto Lento che, non meno flemmatico del suo padrone, venne a fare garbatamente un giro nel salotto. Degno cane! Un modello per tutte le creature della sua specie. Fosse anche stato di cartone, colle ruote alle zampe, non avrebbe fatto meno rumore durante la sua visita.

Verso le otto, dopo che Lotche ebbe recato la lampada antica di vetro smerigliato, il borgomastro disse al consigliere:

«Non abbiamo altri negozii urgenti da sbrigare, Niklausse?

— No, van Tricasse, ch’io mi sappia, nessuno.

— Per altro mi fu detto che la torre della porta di Audenarde minacciava rovina.

— È vero, rispose il consigliere, e non sarei meravigliato che un giorno o l’altro schiacciasse qualche passante.

— Eh! rispose il borgomastro, prima che accada tale disastro spero bene che avremo presa qualche risoluzione riguardo a questa torre.

— Lo spero, van Tricasse.

— Vi hanno per altro quistioni che urgono di più.

— Senza dubbio; la questione, per esempio, del mercato dei cuoi.

— Brucia sempre? domandò il borgomastro.

— Sempre, da tre settimane.

— Non abbiamo noi nel Consiglio deciso di lasciarlo bruciare?

— Sì, van Tricasse, e questo dietro la vostra proposta.

— Non era il mezzo più sicuro e più semplice di domare l’incendio?