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Pagina:Verri, Alessandro – Le notti romane, 1967 – BEIC 1958204.djvu/20

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PARTE PRIMA


temendo ch’egli fosse dolente ascoltandole deturpate da barbara pronunziazione. Ma quegli soggiunse: — Mentre io era fra voi ottenni fama non mediocre di eloquenza, e ne’ suoi artifizi esercitai tutto quell’ingegno che mi avea conceduto la natura. Vidi spesse volte commuoversi alla mia voce ne’ comizi l’adunanza del popolo come il flutto al vento, grondar lagrime a’ giudici severi, farsi lieti gli squallidi volti degli accusati e mesti quelli de’ calunniatori, confusi gli audaci, timidi i potenti schernitori della giustizia. Pur tu vedi in me un piú maraviglioso effetto della tua semplice favella, perché mi riduci nuovamente alle umane fievolezze. Ecco le tue parole m’ingombrano di dolce perturbazione non consueta in questo pelago della morte. Non potevi, al certo, farmi udire piú grato suono che quello’ delle sentenze mie stesse, in questo luogo, dopo secoli, e con sí pronta reminiscenza. —

Ed io per vie piú produrre in lui quel grato effetto, proseguii narrando quelle avventure della sua morte a noi trasmesse dalla fama, le quali ancora fanno dolenti gli animi di ciascuno. Ma udendole si perturbò lo spettro, e in me fisava meste le sue pupille. Io frenai pertanto le parole, e quegli sospiroso incominciò: — Tu con animo quantunque benigno or mi rechi amarissima novella: io non mai ebbi contezza di questi oltraggi, i quali benché non offendessero che le misere spoglie, pur sono effetti d’ira cosí abbominevole che la reminiscenza loro mi percuote. Antica è l’ingiuria, inefficace lo sdegno, tarda la vendetta, e nondimeno io sento per quelle membra ch’ebbi in vita rinnovarsi in me le sollecitudini umane. — Io rimasi tacito per la maraviglia udendo quelle parole dolorose, e quindi soggiunsi: — Inopinato caso è questo che mi narri! Vedi ch’io ancora vivendo sono stimolato da cosí ardente brama di ragionare con voi. Altri uomini infiniti soffrono la medesima ansietá, ed appena sono rattenuti a soddisfarla dalla spaventevole condizione della morte. Scendono quotidianamente a voi messaggeri di nostre novelle, ed io non intendo come voi non siate solleciti di udirle, essendo anzi infinite le cagioni e gli argomenti che vi dovrebbero a ciò stimolare. —

Quegli rispose: — Diverse, piú che non credi, sono le consuetudini nel tempo eterno di quelle del momento di questa vita.