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NOTTE II - COLLOQUIO VI
per farli piú liberi e piú felici? Le vinte nazioni, per lo contrario,
deploravano la indegna sorte del monarca loro. Né, al certo, i
proconsoli nostri le consolavano di quella sciagura. Avvegnaché
quant’essi erano stati nella conquista avidi del sangue, tanto poi
nel governarle erano insaziabili di oro. Questa fu la sorte della
Sicilia, dell’Affrica, della Grecia, della Iberia, della Gallia, e di
quanti altri regni furono da noi distrutti: i quali, poiché perderono
i principi loro, caddero sotto le concussioni de’ patrizi romani,
per lingua, per indole, per consuetudini alieni, e di niun’altra
cosa piú solleciti che di presto divorare. In Roma stessa
noi medesimi, ora schiavi ora tiranni, fummo pure a vicenda agitati
fra le oppressioni del Senato e gli oltraggi della plebe. Né
giá il nostro odio per la reai podestá scaturí da chiara fonte, ma
da impura. Quindi corrisposero gli indegni e barbari effetti alla
sua trista cagione. E quale altra essa fu mai se non il caso di Lucrezia,
invero non sufficiente a destare cosí implacabile vendetta?
Non siete voi quelli i quali non una, ma settecento donne violaste
regnando Romolo? Or come vi dovea cosí irritare contro
il figliuolo del re vostro un delitto assai minore di quello de’ vostri
maggiori? Ecco per querele femminili eccitarsi in voi forsennata
ira contro la regia maestá, schernirla, abbominarla, perseguitarla.
Oh popolo sagace, il quale credesti ad una adultera lagrimosa,
che narra essere stata nel silenzio notturno soggiogata da’
violenti amplessi di un solo, quasi egli fosse un gigante Briareo!
Oh popolo giusto, il quale scaccia il reai genitore non consapevole,
non lodatore della dubbiosa avventura! —
Come un turbine improvviso nel mare ne commove i flutti, cosí gli spettri, i quali ascoltavano placidi, allora ondeggiando fremettero quasi vento nelle querce. Apparve intanto una larva di aspetto femminile, che involta in candido velo, correa bramosa di muovere tumulto col pianto e con atteggiamenti dolorosi. Ella ora si immergeva nella frequenza delle ombre, ora ne usciva come luna fra le nubi. Quando aprendosi il volgo da lei perturbato, ella rimase nel mezzo distinta, e si fermò. Le sue leggiadre forme trasparivano dal velo, che le scendea a’ piedi, come rosa involta in nebbia mattutina. Ma repente lo squarciò per nuovo