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Quella celeste ambrosia,
Che a lui donasti allora,
Più bello sì, più florido,
Ma il fe’ più altero ancora.
Perdona, (ah! sì, ben merita
Un cieco amor perdono),
Se di gelosa invidia 2
Mi accese il tuo bel dono.
Sì, tel confesso, ed umile
Del vano error mi avvedo;
Che in pietà cangi il vindice
Giusto tuo sdegno, or chiedo.
Un alma amante e misera,
Se te a pietà non move,
Come, o benigna Venere,
Potrà sperarla altrove?
Il figlio tuo, che domina
Onnipossente i cuori,
Che a voglia sua fa nascere,
E smorza in noi gli ardori.
Con dardi opposti pungere
Volle d’entrambo i petti:
Faon mi sprezza: Io teneri
Sento per lui gli affetti.