Pagina:Verri - Osservazioni sulla tortura, Milano 1843.djvu/14

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6 osservazioni

sigli li persuase che dassero nelle mani della giustizia uomini cotanto scellerati, affine, oltre del supplizio che di lor si sarebbe preso, si potesse da essi sapere l’antidoto al veleno, e con tale industria gli riuscì di salvarli; ma appena saputosi che quei due soldati uno era di nazione Francese e l’altro Portoghese, ed uscita anche voce che cinquanta persone con abiti mentiti andavan spargendo le polveri velenose, si videro maggiori disordini; poichè tutti coloro che andavan vestiti con abiti forastieri, e con scarpe o cappelli o altra cosa differente dal comune uso de’ cittadini, correvan rischio della vita. Per acchetar dunque la plebe bisognò far morire sopra la ruota Vittorio Angelucci reo per altro di altri delitti, tenuto costantemente dal volgo per disseminatore di polveri, ma nell’istesso tempo fu presa rigorosa vendetta degl’inventori di questa favola, molti di essi essendosene stati in oscure carceri condotti, cinque di loro in mezzo al mercato sulle forche perderono ignominiosamente la vita, e in cotal guisa furono i rumori quietati: così Giannone al lib. XXXVII, cap. VII. Non è dunque da meravigliarsi se anche in Milano, in mezzo a tanta e sì crudele sciagura, sotto un così maligno flagello, se ne sospettasse volgarmente la cagione nella malignità degli uomini, e si credesse verificato il danno predetto del reale dispaccio e prodotto lo sterminio dalle malefiche unzioni. Simili opinioni, quanto sono più stravaganti, tanto più trovano credenza; perchè appunto di uno stravagante effetto se ne crede stravagante la cagione, e più si gode nel trovarne l’origine nella malizia dell’uomo, che si può contenere, anzi che nella implacabile fisica che si sottrae alle umane istituzioni. In quel secolo poi sappiamo quale fosse la coltura degli studj, unicamente rivolti alle parole ed ai delirj della immaginazione. L’opinione quindi delle unzioni malefiche divenne generalmente la trionfante: ogni macchia che apparisse sulle pareti era un corpo di delitto: ogni uomo che inavvedutamente stendesse la mano a toccarle era a furore di popolo strascinato alle carceri, quando non fosse massacrato dalla stessa ferocia volgare. Il Ripamonti riferisce due fatti, dei quali è stato testimonio oculare. Uno, di tre Francesi viaggiatori i quali esaminando la facciata del duomo toccarono il marmo, e furono percossi malamente e strascinati in carcere assai mal conci; l’altro d’un povero vecchio ottuagenario di civile condizione, il quale prima di appoggiarsi alla panca nella chiesa di S. Antonio levò, col passarvi il mantello, la polvere: quell’atto, credutosi una unzione, inferocì il popolo nella casa del Dio di mansuetudine, e presolo pe’ pochi capegli e per la barba a pugni, calci ed ogni genere di percosse, non l’abbandonò se non poichè lo rese cadavere. Tale era lo spirito di que’ tempi.

La pestilenza andava sempre più mietendo vittime umane, e si andava disputando sulla origine di quella anzichè accorrervi al riparo. Gli uni la