Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/10

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X prefazione.

frammenti di un’altra Prefazione che il Poeta apparecchiava per una compiuta ristampa delle sue Poesie.

Cominciamo dalla Prefazione premessa dal Giusti all’edizione di Bastia del 1845.


« Lettore: se dovessi dirti come mi sia nata nella testa questa maniera di scrivere, non saprei da che parte rifarmi, tante sono state le combinazioni. La natura, come dà a ciascuno di noi un aspetto, un andare, un fare tutto proprio, così vuole che ognuno mandi in giro le sue opinioni vestite alla casalinga. Io non ho avuto mai altro partito che quello del mio paese; e freddo come un marmo per tutte le sétte, m’ha fatto compassione egualmente chi alza una bandiera per calpestarlo, o chi l’alza per farlo riavere senza cognizione di causa e senza virtù. Se tu sai che cos’è popolo, e sai pensare col popolo, ti troverai d’amore e d’accordo con questi versi: se poi mi vai nelle nuvole, o mi caschi nel fango, come fanno parecchi, io non istarò a combattere le tue opinioni, ma solamente ti dirò che ci parleremo nudi là nella valle di Giosafat. Se mi domandi il fine che mi sono proposto, nessun altro fine, ti risponderò, che quello di fare una protesta: che tu non m’abbia a prendere per uno di quei che presumono di rimettere il mondo a balia.

» Se tagliato unicamente a spassarti, non andare più in là di questa pagina, perchè un riso nato di malinconia potrebbe farti nodo alla gola, e me ne dispiacerebbe per te e per me. Se poi ti s’è dato il caso di scioglierti con una crollata di testa dal pensiero delle tue miserie, vieni pure con me, e seguita a crollarla amorevolmente sulle miserie comuni.»


All’edizione dei Nuovi Versi, fatta in Firenze dal Baracchi nel 1847, il Giusti aveva apposto il seguente avviso.


« Quando i miei scherzi giravano ex lege, parecchi tra Stampatori e Libraj fecero a confidenza col pubblico e con me, stampando in un fascio roba mia e non mia, lieti di potere accozzare un libro pur che fosse, e di mandarlo fuori col mio nome o espresso o sottinteso. Da un lato, sento che mi corre l’obbligo d’esser grato a questa, dirò, impazienza, che solletica dolcemente il debole del Poeta; dall’altro, l’amore di Padre s’è risentito più volte, vedendo che taluno nel prendere in collo que’ poveri orfani vagabondi, me gli ha stor-