Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu/14

Da Wikisource.
XIV prefazione.

« Ecco le poche parole che avrei fatte precedere ai miei Versi, risparmiando a me e al lettore le smorfie e le lungaggini d’una prefazione; ma le garbatezze fatte da due anni in qua a questi poveri Scherzi da certa buona gente di Lugano mi sforzano ad aggiungere due altre righe di ringraziamento.

» Questi onesti tipografi raggranellarono di qua e di là tutto quel po’ che poterono, e appena messo insieme il quaderno, senza badare se le cose raccolte erano o non erano mie, erano o non erano corrette, le pubblicarono a onore e gloria del mio Signor Me; e rimettendoci un tanto di tasca, come hanno assicurato, e come tutti credono fermamente. Per rimediare alle omissioni (io direi spropositi) della prima edizione, ne mandaron subito fuori un’altra, e il rimedio fu peggiore del male, e il furto fu scontato col latrocinio, protestando sempre che tutto era fatto per il mio decoro, per l’utile del paese e per altre dieci belle cose di questo genere, colla buona fede che è dote speciale degli Stampatori, e segnatamente di quelli che stanno sui confini, stanza prediletta di tutti i contrabbandieri. Dopo un anno e più di respiro, eccoti fuori la terza edizione fatta a Lugano come le altre sorelle, ma colla data di Bruxelles, che si potrebbe credere esservi stata messa per pudore, se il pudore stesse di casa coi galantuomini che ho nominati di sopra. In questa come nelle altre, sono le solite stroppiature, il solito miscuglio degli Ebrei coi Samaritani, manifesta insomma la somma perizia nell’arte e l’onestà di ventiquattro carati che distingue l’Editore e tutti coloro che gli tennero il sacco. Ma tra gli altri regali che m’hanno fatto questi Apostoli della mia fama, il più bello, il più onesto, il più caro di tutti, è quello d’otto o dieci composizioni che ho rifiutate e d’altrettante che non sono mie per nulla. Le rifiutate sono: — La Mamma educatrice — Un insulto d’apatia — Il mio nuovo amico — Il Cholera — Professione di fede alle Donne — Tirata a Luigi Filippo — Ricotta — L’Ave Maria — e Parole d’un Consigliere al suo Principe, — tutte scritte a diciott’anni, quando ero una mosca senza capo più assai che non sono adesso.

» Quelle fatte da altri sono: Il Creatore e il suo mondo — Il Giardino — Il fallimento del Papa — Come vanno le cose — Consigli del mio nonno — Una Marchesa — Per la soppressione dell'Antologia, — e finalmente poi un infame e miserabilissimo Sonetto in onta di Pietro Contrucci, del quale mi compiaccio d’essere amico e che di certo non mi crede capace d’una bassezza simile.

» Avrei menato buono tutto agli Editori Luganesi, perchè in fondo una parte della colpa era mia, un po’ per aver lasciati girare