Pagina:Vico, Giambattista – Il diritto universale, Vol. III, 1936 – BEIC 1961890.djvu/214

Da Wikisource.


VI

DELLA PRESENTE EDIZIONE

Conforme l’esempio dato primamente dal Predari e dal Ferrari, in tutte le edizioni, parziali o integre, del Diritto universale, le quali tutte, salvo quella appunto del Predari, non sono se non ristampe, sovente peggiorate, dell’edizione Ferrari, le Notae vengono via via intercalate, e meglio si direbbe intruse, in quelle pagine e in quelle righe del De uno e del De constantia che il Vico, non senza errori di numerazione e qualche anticipazione o posticipazione, aveva indicate in principio di ciascuna nota. Da che, fra altri, tre inconvenienti. 11 primo, che le Notae perdono del tutto il loro carattere intrinseco di nuova redazione del Diritto universale, ispirata a concetti direttivi sensibilmente progrediti. Il secondo, che la frequente discrepanza, precisamente di concetti direttivi, fra il testo e la nota correlativa induce piú d’una volta il lettore a supporre contradizioni lá dove si tratta, in realtá, di progresso di pensiero. Il terzo, che siffatta rifusione o giustaposizione delle Notae accentua l’antididascalismo, il disordine, la mancanza d’euritmia e, insomma, i molti e gravi difetti di esposizione che, dal Diritto universale in poi, caratterizzano le opere vichiane; introduce, specie quando le Notae abbiano carattere ed estensione di dissertationes, cunei sconcissimi; e, con tutto ciò, concorre a distrarre troppo spesso e troppo a lungo l’attenzione del lettore, a fargli perdere troppo spesso e troppo a lungo il filo d’un discorso non sempre chiaro e, conseguentemente, a svogliarlo da una lettura giá per se stessa difficile e faticosa.

Dei due editori sopramentovati, che, in continua lite tra loro, non mancarono di polemizzare anche a codesto riguardo, colui che peccò meno fu il Predari, il quale, se non altro, si propose1 di distinguere, di tra le Notae, le «aggiunte» dalle «rettificazioni» e d’inserire quelle nel testo e dare queste a piè di pagina, salvo poi, nell’esecuzione, a dimenticare sovente siffatto proposito, che

  1. Cfr. nella sua citata edizione, p. 404.