Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/129

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[SEZIONE QUARTA]

DEL METODO

338Per lo intiero stabilimento de’ principi, i quali si sono presi di questa Scienza, ci rimane in questo primo libro di ragionare del metodo che debbe ella usare. Perché, dovendo ella cominciare donde ne incominciò la materia, siccome si è proposto nelle Degnitá; e sí avendo noi a ripeterla, per gli filologi, dalle pietre di Deucalione e Pirra, da’ sassi d’Anfione, dagli uomini nati o da’ solchi di Cadmo o dalla dura rovere di Virgilio e, per gli filosofi, dalle ranocchie d’Epicuro, dalle cicale di Obbes, da’ semplicioni di Grozio, da’ gittati in questo mondo senza niuna cura o aiuto di Dio di Pufendorfio, goffi e fieri quanto i giganti detti «los patacones», che dicono ritrovarsi presso lo stretto di Magaglianes, cioè da’ polifemi d’Omero, ne’ quali Platone riconosce i primi padri nello stato delle famiglie (questa scienza ci han dato de’ principi dell’umanitá cosí i filologi come i filosofi!); — e dovendo noi incominciar a ragionarne da che quelli incominciaron a umanamente pensare; — e, nella loro immane fierezza e sfrenata libertá bestiale, non essendovi altro mezzo, per addimesticar quella ed infrenar questa, ch’uno spaventoso pensiero d’una qualche divinitá, il cui timore, come si è detto nelle Degnitá, è ’l solo potente mezzo di ridurre in ufizio una libertá inferocita: — per rinvenire la guisa di tal primo pensiero umano nato nel mondo della gentilitá, incontrammo l’aspre difficultá che ci han costo la ricerca di ben venti anni, e [dovemmo] discendere da queste nostre umane ingentilite nature a quelle affatto fiere