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Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/144

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138 libro secondo - prolegomeni - capo primo


d’auspici; la quale, come innanzi nelle Degnitá si è detto (e piú, appresso, se ne dirá), fu la sapienza volgare di tutte le nazioni di contemplare Dio per l’attributo della sua provvedenza, per la quale, da «divinari», la di lui essenza appellossi «divinitá». E di tal sapienza vedremo appresso essere stati sappienti i poeti teologi, i quali certamente fondarono l’umanitá della Grecia; onde restò a’ latini dirsi «professori di sapienza» gli astrologhi giudiziari. Quindi «sapienza» fu poi detta d’uomini chiari per avvisi utili dati al gener umano, onde furono detti i sette sappienti della Grecia. Appresso «sapienza» s’avanzò a dirsi d’uomini ch’a bene de’ popoli e delle nazioni saggiamente ordinano repubbliche e le governano. Dappoi s’innoltrò la voce «sapienza» a significare la scienza delle divine cose naturali, qual è la metafisica, che perciò si chiama «scienza divina», la quale, andando a conoscere la mente dell’uomo in Dio, per ciò che riconosce Dio fonte d’ogni vero, dee riconoscerlo regolator d’ogni bene. Talché la metafisica dee essenzialmente adoperarsi a bene del gener umano, il quale si conserva sopra questo senso universale: che sia, la divinitá, provvedente; onde forse Platone, che la dimostra, meritò il titolo di «divino», e perciò quella che niega a Dio un tale e tanto attributo, anziché «sapienza», dee «stoltezza» appellarsi. Finalmente «sapienza» tra gli ebrei, e quindi tra noi cristiani, fu detta la scienza di cose eterne rivelate da Dio, la quale appo i toscani, per l’aspetto di scienza del vero bene e del vero male, forse funne detta, col suo primo vocabolo, «scienza in divinitá».

366Quindi si deon fare tre spezie di teologia, con piú veritá di quelle che ne fece Varrone: una, teologia poetica, la qual fu de’ poeti teologi, che fu la teologia civile di tutte le nazioni gentili; un’altra, teologia naturale, ch’è quella de’ metafisici; e ’n luogo della terza che ne pose Varrone, ch’è la poetica, la qual appo i gentili fu la stessa che la civile (la qual Varrone distinse dalla civile e dalla naturale, perocché, entrato nel volgare comun errore che dentro le favole si contenessero alti misteri di sublime filosofia, la credette mescolata dell’una e dell’altra), poniamo per terza spezie la nostra teologia cristiana,