Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/171

Da Wikisource.

tropi, mostri e trasformazioni poetiche 165


per lo mezzo (ch’«umbilicus» dicesi da’ latini); gamba o piede di paesi, e piede per fine; pianta per base o sia fondamento; carne, ossa di frutte; vena d’acqua, pietra, miniera; sangue della vite, il vino; viscere della terra; ride il cielo, il mare; fischia il vento; mormora l’onda; geme un corpo sotto un gran peso; e i contadini del Lazio dicevano «sitire agros», «laborare fructus», «luxuriari segetes»; e i nostri contadini «andar in amore le piante», «andar in pazzia le viti», lagrimare gli orni»; ed altre che si possono raccogliere innumerabili in tutte le lingue. Lo che tutto va di séguito a quella degnitá: che «l’uomo ignorante si fa regola dell’universo», siccome negli esempli arrecati egli di se stesso ha fatto un intiero mondo. Perché come la metafisica ragionata insegna che «homo intelligendo fit omnia», cosí questa metafisica fantasticata dimostra che «homo non intelligendo fit omnia»; e forse con piú di veritá detto questo che quello, perché l’uomo con l’intendere spiega la sua mente e comprende esse cose, ma col non intendere egli di sé fa esse cose e, col transformarvisi, lo diventa.

II

406Per cotal medesima logica, parto di tal metafisica, dovettero i primi poeti dar i nomi alle cose dall’idee piú particolari e sensibili; che sono i due fonti, questo della metonimia e quello della sineddoche. Perocché la metonimia degli autori per l’opere nacque perché gli autori erano piú nominati che l’opere. Quella de’ subbietti per le loro forme ed aggiunti nacque perché, come nelle Degnitá abbiamo detto, non sapevano astrarre le forme e la qualitá da’ subbietti. Certamente quella delle cagioni per gli di lor effetti sono tante picciole favole, con le quali le cagioni s’immaginarono esser donne vestite de’ lor effetti, come sono la Povertá brutta, la Vecchiezza trista, la Morte pallida.