Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/223

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[SEZIONE TERZA]

[MORALE POETICA]

[CAPITOLO UNICO]

della morale poetica, e qui dell’origine delle volgari
virtú insegnate dalla religione co’ matrimoni

502Siccome la metafisica de’ filosofi per mezzo dell’idea di Dio fa il primo suo lavoro, ch’è di chiarire la mente umana, ch’abbisogna alla logica perché con chiarezza e distinzione d’idee formi i suoi raziocini, con l’uso de’ quali ella scende a purgare il cuore dell’uomo con la morale; cosí la metafisica de’ poeti giganti, ch’avevano fatto guerra al cielo con l’ateismo, gli vinse col terrore di Giove, ch’appresero fulminante. E non meno che i corpi, egli atterrò le di loro menti, con fingersi tal idea sí spaventosa di Giove, la quale — se non co’ raziocini, de’ quali non erano ancor capaci; co’ sensi, quantunque falsi nella materia, veri però nella loro forma (che fu la logica conforme a sí fatte loro nature) — loro germogliò la morale poetica con fargli pii. Dalla qual natura di cose umane usci quest’eterna propietá: che le menti, per far buon uso della cognizione di Dio, bisogna ch’atterrino se medesime, siccome al contrario la superbia delle menti le porta nell’ateismo, per cui gli atei divengono giganti di spirito, che deono con Orazio dire:

Caelum ipsum petimus stultitia.