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312 libro secondo - sezione quinta - capo sesto


l’altro Lino fu egli poeta eroe, ch’è noverato con Anfione, Orfeo, Museo ed altri), in una simil contesa di canto, è da Apollo ucciso. Ed in entrambe tali favole le contese sono con Apollo, dio della divinitá o sia della scienza della divinazione, ovvero scienza d’auspici; e noi il truovammo sopra esser anco dio della nobiltá, perché la scienza degli auspici, come a tante pruove si è dimostrato, era de’ soli nobili.

648Le sirene, ch’addormentano i passaggieri col canto e dipoi gli scannano; la Sfinge, che propone a’ viandanti gli enimmi, che non sappiendo quelli sciogliere, uccide; Circe, che con gl’incantesimi cangia in porci i compagni d’Ulisse (talché «cantare » fu poi preso per «fare delle stregonerie», com’è quello;

... cantando rumpitur anguis:

onde la magia, che ’n Persia dovett’essere dapprima sapienza in divinitá d’auspici, restò a significare l’arte degli stregoni, ed esse stregonerie restaron dette «incantesimi»): sí fatti passaggieri, viandanti, vagabondi sono gli stranieri delle cittá eroiche ch’abbiam sopra detto, i plebei che contendono con gli eroi per riportarne comunicati gli auspici, e sono in tali mosse vinti e ne sono crudelmente puniti.

649Della stessa fatta, Pane satiro vuol afferrare Siringa, ninfa, com’abbiam sopra detto, valorosa nel canto, e si truova aver abbracciato le canne; e, come Pane di Siringa, cosí Issione, innamorato di Giunone, dea delle nozze solenni, invece di lei abbraccia una nube. Talché significano le canne la leggerezza, la nube la vanitá de’ matrimoni naturali; onde da tal nube si dissero nati i centauri, cioè a dire i plebei, i quali sono i mostri di discordanti nature che dice Livio, i quali a’ Iafiti, mentre celebrano tra loro le nozze, rapiscono loro le spose. Cosí Mida (il quale qui sopra abbiam truovato plebeo) porta nascoste l’orecchie d’asino, e le canne ch’afferra Pane (cioè i matrimoni naturali) le scuoprono; appunto come i patrizi romani appruovano a’ lor plebei ciascun di loro esser mostro, perché essi «agitabant connubio more ferarum».