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212 libro secondo


di legge, la qual esce da essa interpetrazione delle parole. Per le quali cagioni tutte s’intenda che guasto hanno essi dato alla giurisprudenza romana con irreparabil danno, avendo fatti in minutissimi brani i libri de’ romani giureconsulti, i quali se avessero lasciati intieri tutti uniti in un corpo, altre testimonianze che marmi e medaglie arebbon avuto i filologi, altri lumi i filosofi, per iscuoprire quelli le romane antichitá e questi la natura di questo mondo di nazioni! Lo che Bacone da Verulamio, tra perché fu filosofo e non filologo, e perché gl’inghilesi nulla o poco curarono la romana giurisprudenza, non seppe nemmeno disiderare; e que’ pochi canoni, che dá d’intorno alla scienza delle leggi nei suo aureo libro De augumentis scientiarum, non hanno né ’l nerbo né ’l fondo c’hanno gli altri disidèri e discoverte delle quali si adorna il suo Novus orbis scientiarum.

1230[530*] [CMA2]; Ma perché è costume comune delle nazioni ch’i plebei, perché naturalmente ammirano la nobiltá, ne prendono i favellari come l’usanze, ed al contrario i nobili, perché naturalmente voglion esser distinti nelle cittá, altri e altre di nuovo ne truovano (la qual dee essere la gran cagione delle differenze delle parole in ciascuna lingua, le quali quanto sono lo stesso nella significazione tanto nel suono elleno son affatto diverse); [CMA3] e perché tra’contadini come l’usanze cosí gli antichi favellari piú si conservano: cosí [CMA2] la voce «filius», la quale nel principio fu vocabolo eroico, e perciò quello che ’n giurisprudenza si dice «vocabulum iuris», poscia, divulgatosi nella plebe romana, passò a significare i figliuoli naturali.; i nobili, per distinguersi presero ad usare la voce «liberi», [CMA3] con la quale parola parla la legge delle XII Tavole, ond’è vocabolo ora di legge e comprende di qualunque grado i nipoti, i quali, naturalmente, non sono figliuoli.

1261[545] [CMA3] Appresso, menando innanzi la stessa maniera di pensare, dovettero dire «poma d’oro» prima il latte e dappoi le belle lane, che pur sono frutti di natura, con quest’ordine avvertiti dopo il frumento, perché appresso si mostrerá la pastoreccia esser venuta dopo la villereccia. Quindi appo Omero si lamenta Atreo che Tieste gli abbia rubato le pecore d’oro; e gli argonauti predarono il vello d’oro da Coleo, ed Ercole faceva bottini di pecore e capre d’oro: dal qual pregio e carezza i poeti, delle loro amate donne, dissero «aureas papillas». Perciò lo stesso Omero appella con perpetuo aggiunto i suoi re.....