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ragionamento primo - capitolo primo 279


menava quello da lui»; e Demostene, nell’orazione contro Panteneto, recita questa legge di Solone. Come se non l’avesse insegnato a tutte le nazioni la ragion naturale che si osservino i patti almeno per la difesa, la quale è da essa natural ragione dettata!1. — In un altro capo: ch’«al tramontare del sole terminassero i giudici di conoscere le cause»; e Samuello Petito osserva che gli arbitri in Atene conoscevano le cause fin alla sera. Ma ogniun sa che tutti gli antichi infin a sera attendevano a’ negozi, e che poi andavano a’ bagni, e appresso cenavano: onde di essi le cene si leggono e non gli pranzi.

1419Nella tavola seconda: che «’l ladro di notte in ogni modo, quel di giorno se si difendesse con armadura, fusse lecito uccidere»; la qual legge di Solone recita Demostene contro Timocrate. Ma questa fu anco legge giudiziaria degli ebrei, come osserva Rufino, pareggiatore delle leggi romane con le mosaiche; talché dovette Solone portarla agli ateniesi da Palestina.

1420Nella tavola ottava: che «i collegi delle arti non facciano leggi contrarie alle pubbliche»; e Samuello Petito e Claudio Salmasio ne rincontrano una legge di Solone. Perché, certamente, può vivere una repubblica nella quale i corpi dell’arti combattono con lo Stato!

1421Nella tavola nona: che «i giudizi criminali non sieno ordinati con leggi singolari»; e Giacomo Gotofredo ne ritruova una simile di Solone. Ma troppo di tempo vi volle che Lucio Silla con leggi criminali universali ordinasse le quistioni perpetue.

1422Nella tavola decima, per Giacomo Gotofredo, si proibisce il lusso de’ funerali; e Cicerone osserva che i decemviri il vietarono quasi con le stesse parole con le quali l’aveva proibito Solone. Perché se n’era introdutto in Roma il lusso alla moda greca: altrimenti, che sapienza sarebbe stata d’insegnarlo vietando? Lo che avvenne molto dopo questi tempi, e, per gli nostri principi della logica poetica, ne fu appiccata cotal legge a’ decemviri.

1423Del gius prediatorio dice Gaio giureconsulto ch’i romani avevano una legge arbitraria ad esemplo d’una attica di Solone. Il qual gius era tanto tenuto a vile, che Quinto Muzio Scevola,

  1. Invece di «Come se non l’avesse insegnato», ecc., il V. aveva scritto originariamente e poi cancellò: «Ma troppo ci vuole a crederlo che tal legge delle XII Tavole volesse aver fermi tai patti, la quale non gli riconosceva se non stipulati nell’atto del mancipio» [Ed.].