Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. II, 1928 – BEIC 1964822.djvu/293

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[CAPITOLO TERZO]

degli autori i quali non la credettero

1435Veniamo or agli autori i quali non la credettero. Questi furono altresí due contemporanei di Dionigi e di Livio, anzi di questi alquanto piú vecchi. Uno è Marco Terenzio Varrone, celebrato per fdologo dottissimo delle romane antichitá; l’altro è Cicerone, senza dubbio acutissimo filosofo e sappientissimo principe di quell’immortale repubblica.

1436E primieramente Varrone non credette tal favola, il quale lavorò la sua grand’opera Rerum divinarum et humanarum de’ romani ragionandola per origini tutte natie del Lazio e che nulla traessero dalla Grecia, e n’ebbe il gran motivo dall’osservare la legge delle XII Tavole conceputa con tanta latina eleganza nativa, che nulla odorava di greco. La qual nostra congettura ci vien confermata da un greco scrittore medesimo, Diodoro sicolo, il quale dá questo giudizio della frase di cotal legge: ch’«ella è vergognosa (per bellamente significare che poco dice e molto intende, la qual è virtú di lingua intelligente) e, con tutto ciò, differisce a tutto cielo dalla maniera greca di favellare». Tanta scienza ebbe di lingua latina Ermodoro, il quale la tradusse, che anche ritruovò, in questa straniera, voci ch’essi greci confessano non aver con ugual eleganza nella loro nativa, come Dion Cassio dice della parola «auctoritas» (la quale da noi si è dimostro contenere tutto l’affare di quella legge), perocché, quantunque ella venga da αὐτός (come sopra si è da noi dimostrato), però non è nuovo né rado che le nazioni prendono da altre l’origini delle voci, e poi le piegano e le stendono a’ significati che le lingue originarie non hanno.

1437Ma il luogo di Cicerone in uno degli aurei libri De oratore, i quali scrisse nella sua etá piú matura con una maravigliosa senil prudenza (il qual luogo è volgatissimo a tutti gli anco mediocremente eruditi), il quale gli adornatori della legge delle XII Tavole ne arrecano per una piú luminosa testimonianza di lode, egli turba affatto e confonde tutti cotesti pareggiatori del diritto attico col romano. Noi l’adorneremo, recitandone le parole. Egli sotto