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[CAPITOLO SECONDO]

della custodia degli ordini

985La custodia degli ordini cominciò da’ tempi divini con le gelosie (onde vedemmo sopra esser gelosa Giunone, dea de’ matrimoni solenni), acciocché indi provenisse la certezza delle famiglie incontro la nefaria comunion delle donne. Tal custodia è propietá naturale delle repubbliche aristocratiche, le quali vogliono i parentadi, le successioni, e quindi le ricchezze, e per queste la potenza, dentro l’ordine de’ nobili; onde tardi vennero nelle nazioni le leggi testamentarie (siccome tra’ Germani antichi narra Tacito che non era alcun testamento): il perché, volendo il re Agide introdurle in Isparta, funne fatto strozzare dagli efori, custodi della libertá signorile de’ lacedemoni, com’altra volta si è detto. Quindi s’intenda con quanto accorgimento gli adornatori della legge delle XII Tavole fissano nella tavola decimaprima il capo «Auspicia incommunicata plebi sunto», de’ quali dapprima furono dipendenze tutte le ragioni civili cosí pubbliche come private, che si conservavano tutte dentro l’ordine de’ nobili; e le private furono nozze, patria potestá, suitá, agnazioni, gentilitá, successioni legittime, testamenti e tutele, come sopra si è ragionato; — talché, dopo avere, nelle prime tavole, col comunicare tai ragioni tutte alla plebe, stabilite le leggi propie d’una repubblica popolare, particolarmente con la legge testamentaria, dappoi, nella tavola decimaprima, in un sol capo la formano tutta aristocratica. Ma, in tanta confusione di cose, dicono pur questo, quantunque indovinando, di vero: che nelle due ultime tavole passarono in leggi alcune costumanze antiche d’essi romani; il qual detto avvera che lo Stato romano antico fu aristocratico.

986Ora, ritornando al proposito, poi che fu fermato dappertutto il gener umano con la solennitá de’ matrimoni, vennero le