Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/247

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cose con la compassione e con l’ira. E ciò sia generalmente detto per la difesa del mio costume. Ora passo alle cose. E mi sia lecito primieramente domandare vostra buona licenza, se io non sieguo l’ordine della replica vostra: prima, perché tener dietro con un cammino non mai interrotto alle scritture degli avversari, egli mi pare esser d’uomo pugnace, e che voglia piú tosto opprimere l’oppositore che rintracciare la veritá, alla quale non si tien dietro per ogni via, ma per quella assolutamente che permetton le cose; dipoi, perché voi medesimi me ne fate ragione, che non seguitaste l’ordine che io ho tenuto nella Risposta. Vedo la vostra replica in tutto contener quattro parti: I. una riprensione del ripartimento da me fatto della vostra censura, in confermazione del vostro detto, che in quel mio libro si esponga «una idea di metafisica, non giá una metafisica giá compita» (p. 226); II. l’opposizione delle cose che vi ho meditato (p. 226 sgg.); III. la confutazion delle origini che io adduco delle voci «verum» e «factum», «caussa» e «nego cium» , e di alquante altre (p. 232 sgg.); IV. un desiderio della condotta, che vorreste avessi io tenuto nel rintracciare l’antica filosofia degli italiani (p. 161). A me sembra dar cominciamento a rispondervi da quella parte che poneste in ultimo luogo, dalla condotta; dipoi difendermi la distribuzione che feci della vostra censura; quindi confermare l’origini delle voci; e finalmente stabilire le cose vi ho meditate: perché primo in questa impresa fu il consiglio della condotta, alla quale poi segui l’opera, e l’origini debbon precedere, che mi diedero occasione di meditare le cose.