Pagina:Vico, Giambattista – Le orazioni inaugurali, il De Italorum sapientia e le polemiche, 1914 – BEIC 1965567.djvu/263

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IV

Delle cose meditate.

Veniamo finalmente alle vostre opposizioni, che esse cose, che io in metafisica ho meditate, riguardano: la qual parte importa assai piú di tutte le tre altre unite insieme; perché la contesa del ripartimento della vostra censura fatto nella mia Risposta è una questione del giudizio di un uomo, che nulla o poco importa alla somma delle lettere; le due della condotta e delle origini possono essere per avventura prese per contese d’ingegno, che ne’ritrovati piú stravaganti e ne’ maggiori paradossi suole riportar maggior lode: ma questa, che riguarda i principi dell’umano sapere, questa si, che dee e merita riputarsi di alto e gravissimo affare. Però, innanzi di entrarvi, non posso far di meno non mostrare il mio rammarico, che in nulla mi avete fatto favore di quello nel fine della Risposta (p. 221) vi avea priegato: che, innanzi di avermi a fare altre difficultá, oltre a quelle che io mi proposi e risolsi, aveste avuto dinanzi agli occhi quelle tre diffinizioni : della causa, dello sforzo e della guisa, e vedere se forse, ad una o a tutte e tre ricorrendo, si potesse mai sciórre. Ora voi mi opponete (p. 232) che io dica cose per diametro opposte: che nel tempo istesso che «ripruovo l’analisi» di Renato, con la quale egli si dá a rintracciare la prima sua veritá in metafisica, «insiememente l’approvi», e in conseguenza «non la confuti, ma la biasimi». Con buona vostra pace, in ciò è bastante rispondervi con solo replicare ciò che in quel libricciuolo ne ho scritto (cap. I, 4 ili, p. 13S sgg.). Io concedo quel metodo esser buono a rinvenire i certi segni ed indubitati del mio essere, ma non esser buono a ritrovarne le cagioni. Io nella Risposta (p. 221) definii «cagione» quella che, per produrre l’effetto, non ha di