Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/310

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questa taglia». Il 25 del medesimo mese il Crescimbeni inviava al V. un esemplare dei citati Giuochi olimpici , nei quali, a differenza che nel diploma, ov’era scritto per errore «Enisone Terio», il V. era chiamato col suo vero nome arcade di Láufilo Terio: da che una sua domanda di chiarimenti e la relativa rettifica (29 novembre) nei registri della Colonia Sebezia. E finalmente il 13 decembre il V. recava al Crescimbeni «un fastidio», ossia allegava a una lettera dell’Avitabile di pari data una sua, oggi dispersa, nella quale gli chiedeva non si sa qual favore.

3. Nel carteggio di Apostolo Zeno.

Come si sa, è andato in gran parte distrutto. E proprio nella parte distrutta era una lettera napoletana del primo semestre del 1710, che discorreva del V. «Abbiamo — si dice nel Giornale de’ letterati d’ Italia, tomo secondo, articolo XVII, Novelle letterarie d’ Italia dell’aprile , maggio e giugno 1710, rubrica Di Napoli, p. 495 sgg. — abbiamo per lettere che in breve il signor professore De Vico sia per dare alla luce una dotta opera, in cui, con l’occasione di far vedere dalle parole latine la filosofia piú ascosa de’ romani antichi, stimata da lui in buona parte pitagorica, dará il saggio di un novello sistema da lui pensato. Il titolo dovrá esserne De antiquissima italorum sapientia ex linguae latinae originibus desumpta, ad esempio di Platone, il quale per la stessa via si diede nel Cratilo ad investigare la sapienza degli antichi greci. L’opera sará divisa in tre libri. Il primo abbraccerá la Metafisica, della quale la Logica sará come appendice; il secondo sará la Fisica ; il terzo la Morale. Nella Metafisica, la quale giá a perfezione è ridotta, si tratteranno ne’ loro principi molte cose accennate nella sua dissertazione De studiorum ratione, che veramente è come un prodromo di questi suoi aspettatissimi libri...». Autore di questa dispersa lettera — tanto piú importante in quanto, oltre che contenere notizie fornite dal V. medesimo, è la sola fonte da cui s’apprenda che al Liber metaphysicus egli voleva far seguire un’appendice sulla logica — fu molto probabilmente Matteo Egizio. E invero il V., rivolgendosi, nella Seconda risposta al «Giornale de’ letterati* a tutt’intero l’ufficio di redazione di quella rivista (e quindi, in sostanza, al direttore Zeno), scrive d’aver chiesto consiglio all’ Egizio sulla condotta polemica da seguire, «perché piú di tutti il conosceva ben affetto alla vostra assemblea» .