Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/313

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degenera in un vero seccatore. Lo stimo incapace di giudicare con equitá delle opere, accagione delle tante prevenzioni che ha contro gli oltramontani, e particolarmente contro i francesi. E non capisco come si vanti di non aver mai voluto apprendere la lingua francese (di che adduce per esempio il famoso Saverio Pansuti, autore delle note tragedie), e poi voglia giudicare si francamente delle opere che ci manda questa nazione. Egli dice, e in qualche parte non si appone male, che questa lingua non è atta a trattare sublimemente un’arte (suppongo che l’avrá letto in qualche autore latino o italiano), che non somministra pensieri troppo elevati, ed altre cose simili. Ma, sia comunque si voglia, il non voler sapere mi pare piú effetto di pazzia che altro. Abbia pure questa lingua tutti i difetti immaginabili, il saperne è sempre virtú, che che sia se il servirsene possa essere altrimenti. Nel mio concetto, il fare le minchionerie è un gran male; ma il sapere come si fanno e il poterle fare, parlando di noialtri uomini, mi pare una cosa che ci adorni anziché ci faccia peggiori. Su questo è molto ridicola una distinzione cheffece de’ letterati francesi, cioè di francesi greci, francesi latini e francesi francesi. Perchè de’ primi intende ragionevolmente, e de’ secondi si può dire che abbia tutta la cognizione, ne mostra qualche stima, benché dice che sono scarsi nel numero: de’ terzi ne parla con un senso il piú curioso del mondo. Di questo poi bisogna compatirlo e porlo nel numero di quei de’ quali si parla in san Giuda: che * quaecumque ignorarti, òlaspfiemant ’ . Da due cosette che mi mostrò, di una delle quali mi fece regalo, ò osservato che non è uomo di gran criterio. La prima fu una risposta ad una lettera del dotto gesuita di Vitri, che lo richiedeva di memorie letterarie di questo Regno e di quel di Sicilia per la Societá di Trévoux; e l’altra fu un’orazione stampata, fatta pel funerale della contessa d’Althann. Nella prima, illustrissimo signore, avreste ravvisato tutti i caratteri propri d’un eloquente discorso: periodi ben rotondi, un parlar sublime, parole e frasi ricercatissime, e, in una parola, uno scritto ordinato per trattare un soggetto d’eminente portata e non per una lettera responsiva. Nella seconda, che vi è per assunto: «Anna Maria d’Aspermont Althann, feconda, saggia e felice madre di chiarissimi eroi» , coll’occasione che la educazione di questa signora die’ de’ personaggi all’ imperio germanico, porta due terzi del suo discorso, a motivo della gran lega contro Filippo V, a trattare di questa gran guerra, paragonandola or con quella di Alessandro e