Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/341

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POESIE VARIE

e col piú vago e piú leggiadro vezzo esci a danzare, o dotto Apollo, in mezzo.

Tempra, Febo, l’aurea lira a’ bei numeri del piè,

450qual s’arretra o inoltra o gira

o pur salto in aria die’.

Di tua cetra il dolce suono l’ aspre fère raddolcí, e di tua bell’arte è dono,

455perché l’uom s’ ingentilí.

Si la venere ferina da le terre Orfeo fugò, e la cetra sua divina poscia ornata di stelle in ciel volò. 460Non ti mostrar si schiva

e ritrosa, Diana; è sí ben la tua vita, vita degna di nume, menar l’etade eternamente casta 465d’ogni viril contatto;

talché le sante membra né men tocchi col guardo uomo giammai, come pur d’Atteon, che n’ebbe ardire, tu giá facesti aspra vendetta al fonte;

470ma, se pur mai seguisse ogni donzella

i tuoi pudici studi, non aresti or, o dea, chi t’offrirebbe e vittime ed incensi in sugli altari.

Però Giove, che ’l regno 475sopra ’l gener umano a noi conserva

onde ’l regno ben ha sopra di noi, egli siegue un piacer dal tuo tutt’altro: piacer che gli produce ne l’ordine de’ dèi il nome augusto,

480che ’l dal giovar creando è detto Giove,

che dal profondo nero sen del Cao