Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/374

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2. — RISPOSTA DEL VICO

Il cieco insano vulgo estima uom saggio chi tra la turba sa mirar sé solo, e sé inalzando da vii stato a volo, corse mai di fortuna un gran viaggio.

Poiché nullo mi die’ di tal vantaggio, la pietosa mia patria onoro e colo, e traggo da mia sorte alto consuolo che, perch’io giovo altrui, luogo non v’aggio.

Severa madre non vezzeggia in seno figlio, che ne fia poscia oscura e vile, ma grave in viso ancor l’ode e rimira.

Si ’l mio fral, messo di ragione in freno, la Provvedenza benedice e ammira, ch’or mi fa degno di vostr’alto stile.

XIII

PER LE NOZZE

del marchese di Casalbore Tommaso Caracciolo con Ippolita di Dura dei duchi d’Erce U731).

Bench’io mi veggia da quel fato oppresso che l’ingiust’odio altrui creò sovente e affatto lungi dalla molta gente viva, che appena me trovi in me stesso;

poiché il raro valor dal ciel concesso a voi, bell’alme, unisce amor possente, al pubblico piacer mio spirto sente disio di riveder l’alto Permesso,

e cantar lieto in dilettosa schiera vostro nodo reai, gli onor degli avi, e svelar que’ futuri invitti germi.

Poi ricaggio in me stesso e, da mie gravi cure sospinto a tornar lá dov’era, di me, non per mia colpa, ho da dolermi.