Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/378

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Egizio, cfr. p. 1 12, 116 e 300. Il «Manfredi» è il bolognese Francesco Manfredi, a proposito del quale il V. scrive in una nota inserita nella stessa raccolta: «Stampata la maggior parte della Giunone in danza (alla quale per la fretta si era proposto stamparsi questo foglio per un componimento che si aspettava pur di Toscana, né venne) è giunto questo sonetto non isperato, ma bensí prevenuto dalle preghiere che ’l Vico porse al sig. Egizi, come amicissimo del sig. Manfredi». Casimiro Rossi fu poi (1732) vicario arcivescovile, per monsignor Celestino Galiani, dell’arcivescovato di Taranto, donde nel 1738 passò a quello di Salerno. Il «Palma» è Giuseppe Palma, forse figlio del giureconsulto, letterato e matematico Giambattista, corrispondente da Napoli (1691 sgg.) del Magliabechi, antico di gioventú del V. e suo collaboratore in parecchie raccolte (p. es. in quella per la partenza del Santostefano). Il «Dattilo» era un fratello minore del marchese Dattilo (dimorante a Vienna), cioè l’avvocato Franco Dattilo, o don Franchino, come lo chiamavano a Napoli, ove (almeno da quanto appare dall’epistolario di Pietro Giannone col fratello Carlo) si rideva dei suoi tanto infelici quanto frequenti tentativi poetici. Sul «Buoncore», ossia Francesco Buonocore, cfr. pp. 119 e 284. Il «Perotti» è un Gennaro Perotti; lo «Spagnolo», Aniello Spagnuolo (pp. 102, 118 ecc.); il «Sersale», Nicola Sersale da Sorrento, giá collega del V. nell’Accademia Palatina (pp. 111-2) e suo collaboratore in parecchie raccolte. Il «Salerno», cioè Nicola Maria Salerni, che s’è giá incontrato (p. 127) quale restauratore dell’Accademia degli Oziosi, era uno dei piú cari amici del V. (che non mancò d’inserire un sonetto nelle Rime di Nicola Maria Salerno in morte dí Anna Maria Doria, sua moglie, Napoli, Mosca, 1732), e congiunto del gesuita Giambattista Salerni (?-i729), per la cui elevazione al cardinalato (1719) il V. scrisse (1720) alcuni versi latini e al quale donò, con dedica autografa, un esemplare postillato della prima Scienza nuova. Veramente il cognome di «don Andrea de Luna» era Sanchez de Luna: piú noto nei circoli frequentati dal V. era il suo parente Isidoro Sanchez de Luna, lettore primario di teologia nell’Universitá di Napoli e poi arcivescovo di Salerno. Il «Nobilione» è il sorrentino Andrea Nobilione; il «Tristano» un Vincenzo Tristano; il «Vailetta», il giá ricordato Francesco Vailetta (pp. 117, 123), allora ancora possessore del «nobil museo», cioè della biblioteca, del nonno Giuseppe. Il «Cesare» , cioè Giuseppe De Cesare, era coetaneo del