Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/52

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medesime stampe del Mosca, pur in quarto foglio, l'anno appresso 1721, l'altro volume col titolo: De constantia iurisprudentis, nella quale più a minuto si pruova la terza parte della dissertazione, la quale in questo libro si divide in due parti, una De constantia philosophiae, altra De constantia philologiae; e in questa seconda parte dispiacendo a taluni un capitolo così concepito: Nova scientia tentatur, donde s'incomincia la filologia a ridurre a princìpi di scienza, e ritruovando infatti che la promessa fatta dal Vico nella terza parte della dissertazione non era punto vana non solo per la parte della filosofia, ma, quel che era più, né meno per quella della filologia, anzi di più che sopra tal sistema vi si facevano molte ed importanti scoverte di cose tutte nuove e tutte lontane dall'oppinione di tutti i dotti di tutti i tempi, non udì l'opera altra accusa: che ella non s'intendeva. Ma attestarono al mondo che ella s'intendesse benissimo uomini dottissimi della città, i quali l'approvarono pubblicamente e la lodarono con gravità e con efficacia, i cui elogi si leggono nell'opera medesima.

Tra queste cose una lettera dal signor Giovan Clerico fu scritta all'auttore del tenore che siegue:

«Accepi, vir clarissime, ante perpaucos dies ab ephoro illustrissimi comitis Wildenstein opus tuum de origine iuris et philologia, quod, cum essem Ultraiecti, vix leviter evolvere potui. Coactus enim negotiis quibusdam Amstelodamum redire, non satis mihi fuit temporis ut tam limpido fonte me proluere possem. Festinante tamen oculo vidi multa et egregia, tum philosophica tum etiam philologica, quae mihi occasionem praebebunt ostendendi nostris septentrionalibus eruditis acumen atque eruditionem non minus apud italos inveniri quam apud ipsos; imo vero doctiora et acutiora dici ab italis quam quae a frigidiorum orarum incolis expectari queant. Cras vero Ultraiectum rediturus sum, ut illic perpaucas hebdomadas