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parlare per caratteri poetici delle prime nazioni 259

tutti i diritti pubblici e privati dell’eroiche città, ed a’ plebei, che credevano essere d’origine bestiale, e ’n conseguenza esser uomini senza dèi e perciò senza auspicii, concedevano i soli usi della natural libertà (ch’è un gran principio di cose che si ragioneranno per quasi tutta quest’opera) — e che tal Solone avesse ammonito i plebei ch’essi riflettessero a sé medesimi e riconoscessero essere d’ugual natura umana co’ nobili, e ’n conseguenza che dovevan esser con quelli uguagliati in civil diritto. Se non, pure, tal Solone furon essi plebei ateniesi, per questo aspetto considerati. Perchè anco i Romani antichi arebbono dovuto aver un tal Solone fra loro; tra quali i plebei nelle contese eroiche co’ nobili, come apertamente lo ci narra la storia romana antica, dicevano: i padri de’ quali Romolo aveva composto il senato (da’ quali essi patrizi erano provenuti) «non esse cœlo demissos»1, cioè che non avevano cotale divina origine ch’essi vantavano e che Giove era a tutti eguale. Ch’è la storia civile di quel motto

Iupiter omnibus æquus2,

dove poi intrusero i dotti quel placito: che le menti son tutte eguali e che prendono diversità dalla diversa organizzazione de’ corpi e dalla diversa educazione civile. Con la quale riflessione i plebei romani incominciaron ad adeguare co’ patrizi la civil libertà, fino che affatto cangiarono la romana repubblica da aristocratica in popolare, come l’abbiamo divisato per ipotesi nelle Annotazioni alla Tavola cronologica3, ove ragionammo in idea della Legge Publilia, e ’l faremo vedere di fatto4, nonché della romana, essere ciò avvenuto di tutte l’altre antiche repubbliche, e con ragioni ed autorità dimostreremo che universalmente, da tal riflessione di Solone principiando, le plebi de’ popoli vi cangiarono le repubbliche da aristocratiche in popolari. Quindi So-



  1. Liv., X, 8: «En unquam fondo audistis patricios primo esse factos, non de cœlo demissos, sed qui patrem cìere possent, id est, nihil ultra quam ingenuos?».
  2. Propriamente «rex luppiter omnibus idem» ha Verg., Æn., X, 102.
  3. Si veda p. 104 sgg.
  4. Si veda sez. V, passim.