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ISTORIA FONDAMENTALE DEL DIRITTO ROMANO 825

intendersi dell’equità naturale i), vennero con gli stessi passi le lingue e le lettere che si dicon «volgari» (delle quali, come sopra dicemmo 2, è. signora la moltitudine), e con quelle comandarono e scrisser le leggi, e naturalmente se n’andò a pubblicar il segreto: ch’è ’1 «.ius latens», che Pomponio narra non avere sofferto più la plebe romana, onde volle le leggi descritte in tavole ^^ poich’eran venute le lettere volgari da’ Greci in Roma, come si è sopra detto *. Tal ordine di cose umane civili finalmente si truovò apparecchiato per gli Stati monarchici, ne’ qual’i monarchi vogliono ministrate le leggi secondo l’equità naturale e. ’n conseguenza, conforme l’intende la moltitudine, e perciò adeguino in ragione i potenti co’ deboli (lo che fa unicamente la monarchia); e l’equità civile, ragion di Stato, fu intesa da pochi (a) sappienti di ragion pubblica, e, con la sua eterna propietà, è serbata arcana dentro de’ gabinetti.

(a) [C’M^^j pratici di corte e serbata arcana dentro de’ gabinetti. — Tante cose e si grandi nascondeva quest’arcano delle leggi, che gl’interpetri, non sappieudo, han creduto impostura [CM^*] de" romani patrizi, [CM^^j e Claudio Clapmario, De arcanis rerumpublicarum ^, non osservò. Per tutto lo che ragionato, quanto naturalmente erano stati appresi per giusti i rigori della giurisprudenza antica, tanto naturalmente se ne riconobbe appresso l’ingiustizia dalla giurisprudenza mezzana, e molto più dalla ultima. Che dee es Ma, poiché il V. stesso dovè accoi’gersi che in quel passo non è nulla di ciò che ora si dice nel testo, soppresse la citazione.

1 Si veda p. 819.

2 Si veda p. 801 sg.

  • Si veda p. 154, n. l.
  • Si ricordi che il V. ha detto a p. 701 che gli abitanti ilell’antichissima città

greca, che egli suppone fondata nei lidi del Lazio, furono incorporati a Roma tra la cacciata dei re e la compilazione delle XI [ Tavv.

’ Arn. CLAPMA.RH De arcanis rerumpublicarum libri sex, iteralo illustrati a IOAN. Arn. Corvino ic. Accessit v. ci. Chr. Besoldi de eadem materia discursus, nec non Arnoldi Clapmarii et aliorum conclusiones de iure publico (. isterodami, apud Ludovicum Elzevirum, 1644). — Del Clapraario il V. parla anche nel De stud. rat.: «ex hac arcana iuri sprude ntiae Romanorum historia, quam Arnoldum Clapmarimn in libro «De are. rerunip.^, diligentissimum alioqui eitistnodi rerum in Romana republica observatorem, effugisse mirare. Più energicamente

in DU, % 167: * mirar... Arnoldiim Clapmariuvi id non solum non obaer casse, sed ne esse qiiidem siispicatuni»