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il castello sforzesco di milano

ponevano la comitiva “due mila cavalli e duecento muli da cariaggio, tutti con una coperta chiara di damasco bianco e morello — cioè bianco e rosso cupo, colori sforzeschi — et il ducale in mezzo recamato di fino oro e argento: et i mulatieri vestiti di nuovo alla sforzesca„: seguivano cinquecento coppie di cani, e grandissimo numero di falconi e sparvieri. una delle sale superiori dell’appartamento ducale ora museo artistico municipale. Quaranta trobetti e pifferi, molti buffoni ed altri con diversi strumenti rallegravano questa pittoresca sfilata attraverso l’Appennino. La spesa per tale apparato venne calcolata a quel tempo in duecento mila ducati, quanto a dire qualche milione di nostra moneta.

Prima di partire, il Duca aveva stabilito l’elenco delle persone che dovevano rimanere nel Castello, fra le quali Caterina Sforza, Clara, altra figlia naturale, ed Alessandro secondogenito di Bona, nonchè l’elenco delle poche persone che potevano entrare ed uscire, secondo le occorrenze di servizio.

Galeazzo Maria Sforza fornisce altri elementi interessanti per ricostruire le caratteristiche morali di quell’ambiente: nel novembre 1475 il Duca stabiliva di prendere a suo servizio il primogenito del conte Giovanni Borromeo, di nome don Ghisberto, ed ordinava al padre che subito gli avesse ad inviare il figlio con sei cavalli: non era trascorsa una settimana, e così ripeteva l’invito: “ne meravigliamo molto de vuy che non habiati mandato vostro filiolo, ma non passeranno tri dì che vuy ve meraviglierete de nuy„. Infatti il giorno seguente ordinava la confisca dei beni della famiglia Borromeo; ordine sospeso poche ore dopo, ed è a credere lo fosse per il sollecito arrivo del giovane Ghisberto. Al giovinetto fratello Ascanio, più tardi Cardinale e Vescovo di Pavia, il Duca scriveva per diffidarlo “dal zochare a la balla e ad scachi col conte Galeotto Belgioioso, perchè è fatto così bon magistro, che vincerà ad ogni partita„. Qualche mese prima, essendo gravemente ammalato l’altro suo fratello Polidoro, il Duca ordinava “accadendo ch’el mora, tu li faci ordinare la sepoltura nel modo fu ordinata quella de Lisa nostra sorella, metendoli sopra uno drapo simile et nel modo è quello d’epsa Lisa„. Per comprendere questo accenno ad un drappo, occorre ricordare la usanza di depositare in Duomo le casse mortuarie contenenti le spoglie di persone della famiglia ducale, le quali casse, sospese con catene ai piloni del coro, venivano poi ricoperte di drappi di broccato


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