Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
166 | l’amante di gramigna. |
insanguinata, prima le si buttò addosso, per strapparle il fiasco, e poi quando ebbe bevuto che pareva il fiato le mancasse le chiese — L’hai scappata? Come hai fatto.
— I soldati erano sull’altra riva, e c’era una macchia folta da questa parte.
— Però t’hanno bucata la pelle. Hai del sangue nelle vesti?
— Sì.
— Dove sei ferita?
— Sulla spalla.
— Non fa nulla. Potrai camminare.
Così le permise di stare con lui. Ella lo seguiva tutta lacera, colla febbre della ferita, senza scarpe, e andava a cercargli un fiasco d’acqua o un tozzo di pane, e quando tornava colle mani vuote, in mezzo alle fucilate, il suo amante, divorato dalla fame e dalla sete, la batteva. Finalmente una notte in cui brillava la luna nei fichidindia, Gramigna le disse — Vengono! e la fece adossare alla rupe, in fondo al crepaccio, poi fuggì dall’altra parte. Fra le mac-