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guerra di santi. 191

— Del colera non abbiate paura, che ci penso io, e non sono come quel disutilaccio di San Pasquale.

Nino e Turi non si erano più visti dopo l’affare della mula; ma appena il contadino intese dire che fratello e sorella erano malati tutti e due, corse alla loro casa, e trovò Saridda nera e contraffatta, in fondo alla stanzuccia, accanto a suo fratello il quale stava meglio, lui, ma si strappava i capelli e non sapeva più che fare.

— Ah! San Rocco ladro! si mise a gemere Nino. — Questa non me l’aspettava! O gnà Saridda, che non mi conoscete più? Nino, quello di una volta?

La gnà Saridda lo guardava con certi occhi infossati che ci voleva la lanterna a trovarli, e Nino ci aveva due fontane ai suoi occhi. — Ah, San Rocco! diceva lui, questo tiro è più birbone di quello che mi ha fatto San Pasquale!

Però la Saridda guarì, e mentre stava sull’uscio, col capo avvolto nel fazzoletto, gialla come la cera vergine, gli andava dicendo: