Pagina:Vita di Dante, Petrarca e Boccaccio.djvu/157

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     Alla conoscenza dunque de’ poeti per questa guisa, e troppo tardi intento, non è a dirsi in che breve tempo, e col corpo, e coll'animo abbia travagliato, affinchè per l'assidua lezion degli antichi vati, e la moltiplice trascrizione de’libri latini, fosse più di leggieri a la contezza de’ poetici arcani pervenuto. Per la qual cosa mancando di libri, nè d’altronde potendoli comperare, attesa la scarsità del patriottismo, ei di propria mano per sopperirvi, non pure molti volumi de' vetusti poeti trascrisse, ma bensì degli oratori, e storici, e quasi tutto che di antico in latino idioma potè rinvenire. Onde a quei, che osservano il gran numoero delle sue copie, suol sembrare cosa mirabile, che un'uomo, quel'egli era, corpulento abbia tanti volumi da sè trascritto, che stati troppi sarebbono a indefesso copista, il quale null'altro, che questo in quasi tutto lo spazio della vita si facesse, non che ad uomo alla intelligenza delle dive, ed umane cose però deditissimo, che poscia i pensamenti suoi pubblicasse; qual cosa più appresso vedrassi, il nostro poeta egregiamente aver fatto. Nè di questa nostra copia, o piuttosto inopia id latini libri contento, bramò lettere grache apparare, perchè per la conoscenza di queste, a tutto impegno a quelle cose sopperisse, delle quali parevagli la favella de'latini difettare. In che, come stimo per fermo, imitato Petrarca, pià di costui egli avanzossi nella lingue straniera. Conciossiacchè come quegli apprender vole da Barlaamo mo-


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