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fante, e assai lieta fortuna di patrimonio sorridendogli, come se a bella posta fosse stato fatto, con giusto nome, e fauste cose i suoi genitori quasi presaghi dello avvenire il chiamar Dante: e dicono, esser lui stato di ottima indole, pressoché divina. Venuto in età di potere apprendere, ben tosto i primi elementi delle lettere in mirabil guisa apparò per l’eccellenza del suo ingegno, tuttochè, oh meraviglia! ardesse di veementissimo amore di una troppo vaga donzella. In questi suoi amori in vero un che di ammirabile si scorse; e però di qual modo in sí tenera età, e sí presto vi sia caduto, stimai non istrana cosa opportunamente in questo luogo inserire, dovendo tutti narrarne per ordine i fatti de la sua vita, ed avendo di tal cosa in ispezie egli stesso fatta menzione in alcuna parte dei suoi libri.
Era in quel tempo antica costumanza dei cittadini in ogni anno nel dì primo di maggio uomini, e donne in frotta per vichi, e vicinati splendidamente banchettare, insieme raccolti nella casa di alcun dei vicini, e celebrare pomposamente il dì festivo, giusta il costume, colla solennità delle danze, dei canti, e delle sinfonie, infine con ogni sorta di strumenti. Intorno a che un certo nobile cittadino di nome Folco della cospicua prosapia dei Portinari, seguendo l’antico rito di una tal celebrazione, per avventura in quel dì ragunato avea in sua casa moltitudine di uomini, e donne. Fra gli altri poi Alighieri, che padre abbiam detto del