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giovane, quantunque brevissimamente fermatosi in Firenze, pare che fin d’allora strignesse Dante una amicizia, che cresciuta poi probabilmente nelle sue ambascerie a Napoli, fu ad ogni modo più tenera e più costante, che non suole tra principi e privati. E spento il principe poi, era cantato dal Poeta con un amore, un rincrescimento, e una fiducia negli sperati benefizj, che onorano amendue, e infuturano il giovane principe più che non fanno la potenza e le imprese politiche di lui. Colloca Dante l’amico in Paradiso tra gli spiriti innamorati, e cantanti l’Osanna nel cielo di Venere; e così a sè stesso là giunto l’introduce, con questi versi pieni di serenità celestiale:
Indi si fece l’un più presso a noi,
E solo incominciò: tutti sem presti
Al tuo piacer, perchè di noi li gioi.
Noi ci volgiam co’ Principi celesti,
D’un giro e d’un girare e d’una sete,
A’ quali tu nel mondo già dicesti: