Pagina:Vita di Dante.djvu/209

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E questa sorte, che par giù cotanto,
Però n’è data, perchè fùr negletti
Li nostri voti, e vóti in alcun canto.

Ond’io a lei: ne’ mirabili aspetti
Vostri risplende non so che divino,
Che vi trasmuta da’ primi concetti.

Però non fui a rimembrar festino;
Ma or m’ aiuta ciò che tu mi dici,
Sì che ’l raffigurar m’è più latino.

Ma dimmi: voi, che siete qui felici,
Desiderate voi più alto loco,
Per più vedere, o per più farvi amici?

Con quell’ altr’ombre pria sorrise un poco;
Da indi mi rispose tanto lieta,
Ch’arder parea d’amor nel primo foco:

Frate, la nostra volontà quieta
Virtù di carità, che fa volerne
Sol quel ch’avemo, e d’altro non ci asseta.

Se desiassimo esser più superne,
Fòran discordi gli nostri desiri
Dal voler di Colui che qui ne cerne;

Che vedrai non capere in questi giri,
S’essere in caritate è qui necesse,
E se la sua natura ben rimiri;

Anzi è formale ad esto beato esse
Tenersi dentro alla divina voglia,
Per ch’una fansi nostre voglie stesse.

Sì che,