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Pagina:Vita di Dante.djvu/372

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362 CAPO DECIMOTERZO

e paragona al nascere del sole ombrato tra’ vapori mattutini, la venuta di sua donna dentro una nuvola di fiori gettati dagli Angeli, e vestita di quel medesimo color di fiamma in che ei l’aveva veduta la prima volta, e in che ei la rivide poi sempre nelle sue visioni.

34E lo spirito mio, che già cotanto
     Tempo era stato che alla sua presenza
     Non era di stupor tremando affranto,
37Sanza degli occhi aver più conoscenza1,
     Per occulta virtù che da lei mosse,
     D’antico amor sentì la gran potenza.
40Tosto elle nella vista mi percosse
     L’alta virtù che già m’avea trafitto
     Prima ch’io fuor di puerizia fosse,
43Vuolsimi alla sinistra col rispitto
     Col quaie il fantolin corre alla mamma
     Quando ha paura o quando egli è afflitto,
46Per dicere a Virgilio: men che dramma
     Di sangue m’è rimasa che non tremi;
     Conosco i segni dell’antica fiamma2.
49Ma Virgilio n’avea lasciati scemi
     Di sè, Virgilio dolcissimo padre,
     Virgilio a cui per mia salute diemi.

  1. Cioè, senza riconoscerla con gli occhi corporali.
  2. Agnosco veteris vertigia flammae. AEneid. IV, 23