Pagina:Vita di Dante.djvu/73

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E pensando io a ciò che m’era apparuto, proposi di farlo sentire a molti, i quali erano famosi trovatori in quel tempo: e con ciò fosse cosa ch’io avessi già veduto per me medesimo l’arte del dire parole per rima, proposi di fare un Sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli d’Amore, e pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi a loro ciò che nel mio sonno aveva veduto; e cominciai allora questo Sonetto:

A ciascun’alma presa e gentil core,
nel cui cospetto viene il dir presente,
in ciò che mi riscrivan suo parvente
salute in lor signor, cioè Amore.

Già eran quasi ch’atterzate l’ore
del tempo ch’ogni stella n’è lucente,
quando m’apparve Amor subitamente,
cui essenza membrar mi da’ orrore.

Allegro mi sembrava Amor, tenendo
mio core in mano, e nelle braccia avea
donna avvolta in un drappo dormendo.

Poi la svegliava, e d’esto core ardendo
la paventosa umilmente pascea:
appresso gir lo ne vedea piangendo.