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Pagina:Vita di Dante.djvu/73

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anni 1274-1289 63

. . . . E pensando io a ciò, che m’era apparuto, proposi di farlo sentire a molti, i quali erano famosi trovatori in quel tempo: e con ciò fosse cosa ch’io avessi già veduto per me medesimo l’arte del dire parole per rima, proposi di fare un sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli d’amore, e, pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi a loro ciò, che nel mio sonno avea veduto. E cominciai allora questo sonetto.»

«A ciascun’alma presa e gentil core
     Nel cui cospetto viene il dir presente
     In ciò che mi riscrivan suo parvente1
     Salute in lor Signor, cioè Amore!
Già eran quasi ch’atterzate l’ore
     Del tempo ch’ogni stella n’è lucente,
     Quando m’apparve Amor subitamente,
     Cui essenza membrar mi dà orrore.
Allegro mi sembrava Amor, tenendo
     Mio core in mano, e nelle braccia avea
     Donna avvolta in un drappo dormendo.
Poi la svegliava, e d’esto core ardendo
     La paventosa umilmente pascea:
     Appresso gir lo ne vedea piangendo.»


  1. Suo parvente — suo parere.